Una qualsiasi mostra allestita alle Gallerie d’Italia
a Milano in piazza della Scala sicuramente incanta lo spettatore che entra e si
trova circondato da un ambiente molto suggestivo. Ci troviamo all’interno di Palazzo
Beltrami, ex sede della Banca Commerciale Italiana, costruito con eleganza e
impiego di materiali di pregio dall’architetto Beltrami a inizio ‘900. Si
rimane affascinati dalla bellezza del salone di ingresso in cui ci si muove su
un pavimento prezioso illuminato dall’alto da un lucernario con un gioco
sapiente di alternanza tra luci e ombre. Entrate nel tardo pomeriggio verso il
tramonto.
L’effetto
magico è ancora maggiore se la mostra non è una ‘qualsiasi mostra’, ma
un’esposizione imperdibile come quella attualmente in corso che ha per
protagonista Giovanni Battista Moroni (1521 ca, 1580), uno dei
più fini ritrattisti del Cinquecento.
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Giovanni Battista Moroni -
Ritratto di podestà (1558-1562 Bergamo Accademia Carrara)
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Giovanni
Battista Moroni nacque ad Albino in provincia di Bergamo poco dopo il 1521 in
quello che era il dominio di terra della Serenissima Repubblica di Venezia, al
confine con lo stato di Milano, all’epoca governata dagli Spagnoli. Questa
vicinanza anche culturale di Bergamo a Milano fa si che Moroni, veneto per
nascita, si inserisca in quella tradizione figurativa tipica del territorio
lombardo che Roberto Longhi definiva ‘pittura della realtà’ - ovvero “la
pittura come registrazione del visibile” nelle parole di Longhi– che inizia
con Foppa e attraverso, tra gli altri, Moretto, Savoldo, Moroni arriva fino a
Caravaggio. La tesi longhiana (Moroni tra i precedenti di Caravaggio) sembra
ribadita anche dai curatori, due veri specialisti del pittore di Albino: Simone
Facchinetti e Arturo Galansino.
La mostra
rende conto di tutta l’attività di Moroni che non fu solo ritrattista ma anche
pittore di pale d’altare e dipinti a tema religioso. Non una monografica in
senso stretto però: le opere di Moroni sono messe a confronto con quelle di
artisti a lui contemporanei per inquadrare il contesto in cui il pittore
operava e consentire utili raffronti.
Il percorso
espositivo si apre con grandi pale d’altare sistemate in modo scenografico nel
salone d’ingresso in cui l’attenzione viene catturata per la verità non da
un’opera di Moroni, ma del suo maestro, il bresciano Alessandro
Bonvicino detto il Moretto (presso la cui bottega
Moroni è documentato nei primi anni 40; in mostra è presente un taccuino di
appunti raccolti da Moroni negli anni di apprendistato): la grandiosa Madonna
con il Bambino in trono tra i santi Eusebia, Andrea, Domneone e Domno.
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Alessandro Bonvicino detto il
Moretto - Madonna con il Bambino in trono tra i Santi Eusebia, Andrea,
Domneone e Domno (1536-1537, Bergamo Chiesa di Sant'Andrea Apostolo)
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Il dettaglio
del vassoio di peltro da cui è scivolato via un frutto e gli abiti dei
protagonisti – quello di velluto rosa e raso color oro di Santa Eusebia - hanno
una presenza coinvolgente; notate anche i due santi sulla destra: si tengono
familiarmente sottobraccio, un dettaglio amabilissimo. E sempre Longhi vedeva
nel vassoio ricolmo di frutta un indubbio precedente per la nascita del genere
della natura morta (che ancora una volta porta al nome di Caravaggio e alla sua
Canestra dell’Ambrosiana).
E’ impossibile
raccontare il fascino di questa mostra in poche righe, mi limito qui a qualche
nota e pochi suggerimenti per poterla apprezzare come merita. Le opere sono
moltissime e coprono più di 30 anni di attività del pittore.
Sulle pareti
si alternano decine di ritratti, solo visi colti in un attimo, mezze figure o
grandi e spettacolari ritratti a figura intera. E se per le opere religiose il
Moretto fu il maestro reale e l’ispiratore per tutta la carriera di Moroni,
Lorenzo Lotto fu l’ideale punto di riferimento per i ritratti. Il Ritratto
di Giovane di Lorenzo Lotto proveniente dalle
Gallerie dell’Accademia ha lo sguardo insondabile e profondo che si ritrova in
alcuni dipinti di Moroni, anche se ambientato in una ‘scena’ molto più mossa e
variata di quelle che saranno tipiche del pittore di Albino (delicatissimi i
petali di rosa, la leggerezza della camicia bianca sotto l’abito nero, le
pagine del libro arricciate che sembrano crepitare).
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Lorenzo Lotto - Ritratto di
giovane Gentiluomo (1530 ca., Venezia, Gallerie dell'Accademia)
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Moroni ritrae
i suoi modelli senza disegno preparatorio, stendendo direttamente i colori
sulla tela e a questo si deve in parte la fresca immediatezza dei suoi ritratti
che sono presenze tangibili. Osservateli tutti da vicino, nessuno è uguale
all’altro, anche se la struttura compositiva delle opere è simile: uno sfondo
in colore neutro per i formati più piccoli, muri sbrecciati e colonne diroccate
a ricordare la caducità della vita per i dipinti più imponenti, ma il tono di
fondo è sempre tenue in modo da far risaltare la figura del personaggio
ritratto, come se intorno al modello circolasse davvero l’aria.
Pochi ritratti
sono decisamente frontali, spesso il busto del modello è disposto in diagonale,
la testa rivolta verso di noi, una luce radente ad illuminare i tratti del
viso. E anche su questa luce ci sarebbe molto da raccontare: non il lume
diffuso dei dipinti del rinascimento ‘toscano-centrico’, ma una luce
indirizzata, mirata a dare tridimensionalità e risalto al modello. Tutti in
qualche modo ci guardano, cercano il nostro sguardo, la nostra attenzione e
questo rende anche i ritratti ‘ufficiali’ più accostanti. Confrontate un
qualsiasi ritratto di Moroni con il Ritratto del procuratore Jacopo
Soranzo di Tintoretto (Jacopo Robusti) sempre in
mostra, l’uomo ha lo sguardo rivolto verso un lontanissimo altrove, ci
oltrepassa e non intrattiene alcun rapporto con noi, è distante. Un ritratto
ufficiale in cui l’importanza del modello è evidenziata anche dall’essere così
inafferrabile.
I ritratti di
Moroni sono ‘ritratti al naturale’, non idealizzati, non aggiungono niente alle
fattezze reali del modello che risultava perfettamente riconoscibile, dipinto
così come era, senza i filtri dell’immaginazione, senza mascherare i difetti o
una fisionomia poco aggraziata. Tutti inconfondibili: seri, pensierosi,
energici, vagamente malinconici a volte elegantissimi, giovani e più anziani,
mai distanti. Paradossale che di queste donne e uomini che ci sfilano davanti e
che ci sembra di riconoscere tanto sono ‘presenti’ conosciamo pochissimo. Solo
in pochi casi la loro storia è giunta fino a noi.
Prendetevi il
tempo per visitare questa mostra, senza fretta. Soffermatevi sui particolari,
osservate i dettagli, i gioielli delle dame.
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le foto dei dettagli sono mie
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La donna
del Ritratto di donna con ventaglio proveniente da Amsterdam
indossa una straordinaria collana di piccole perle intrecciate, un ricco medaglione,
il suo abito damascato rosso corallo ha un disegno sontuoso, riprodotto con
estrema abilità.
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Giovanni Battista Moroni -
Ritratto di Donna con Ventaglio (1576-1579 ca., Amsterdam, Rijksmuseum)
©AmsterdamRijksmuseum
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Il ventaglio
di piume bianche e rosa di Isotta Brembati ha la sofficità di un lussuoso
piumino da cipria – Moroni pittore della realtà anche per questa abilità nel
riprodurre il valore tattile dei materiali. Come non lasciarsi affascinare
dall’abito rosa trapuntato d’argento nel Ritratto di Gian Gerolamo
Grumelli (noto anche come Il Cavaliere in rosa) con le
scarpette di velluto finemente lavorate e quei fiocchi rosa e argento che
trattengono le calze e sembrano appena annodati.
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Giovanni Battista Moroni -
Ritratto di Gian Girolamo Grumelli (1560, Bergamo, Palazzo Moroni, courtesy
Lucrezia Moroni)
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E poi una
profusione di abiti neri, il nero introdotto da Carlo V alla corte di Spagna
aveva raggiunto una diffusione molto ampia al tempo di Filippo II, colore
sobrio, elegante ma anche segno di ricchezza perché era complesso e costoso
tingere i panni di nero. I neri di Moroni sono lucidi come la seta, morbidi
come il velluto, pesanti quando rappresentano stoffe damascate, ricchi di
riflessi e toni cangianti. Osservateli tutti. E quanti libri sono presenti in
questi ritratti, disinvoltamente aperti tra le mani e allora si intravedono
righe fitte di scrittura, appoggiati sui parapetti o impilati sullo sfondo, le
pagine nascoste da semplici rilegature tenute strette da strisce di tessuto.
Una parola sui dipinti a tema religioso: pale d’altare e devoti che pregano
non riescono ad affascinarci tanto quanto i ritratti, siamo in piena
Controriforma, le opere si fanno più convenzionali, regole precise imbrigliano
la fantasia degli artisti e certo non rappresentano la parte più suggestiva
dell’opera di Moroni. Ancora una volta sono i dettagli a catturare lo sguardo:
i colori spesso giocati su tonalità fredde, l’abilità con cui Moroni
giovanissimo nella Madonna con il Bambino in gloria e Santi proveniente
dalla Cattedrale di Trento rappresenta i guanti di San Gerolamo che sembrano di
morbidissima nappa, alcuni ritratti nei dipinti di devozione privata che
raffigurano le cosiddette ‘orazioni mentali’.
E da ultimo, a
chiudere il percorso, Il sarto, forse il dipinto più celebre di
Moroni, atterrato dalla National Gallery di Londra e qui i curatori meritano un
grazie speciale per aver fatto arrivare questa opera incantevole.
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Giovanni Battista Moroni - Il
Sarto (1572-1575 ca., Londra The National Gallery)
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Elegantissimo con una giubba color crema chiusa da una fila di piccoli bottoni
e pantaloni a sbuffo rossi, la barba curata, gli occhi grigi è in piedi di
fronte al suo tavolo da lavoro. Si volge verso di noi che lo abbiamo interrotto
mentre tagliava un panno nero – si vedono i segni del gesso con il quale ha
tracciato il modello sulla stoffa – con uno sguardo non infastidito per essere
stato interrotto, attento e insieme inafferrabile, come se ci ascoltasse o
aspettasse da noi una parola. Perché noi siamo lì di fronte a lui, accanto al
pittore che lo sta ritraendo, fissando sulla tela proprio quell’istante. Non
sappiamo nemmeno il suo nome ‘Il sarto’, tutto qui, eppure guardatelo e vi
sembrerà di conoscerlo da sempre.
La mostra è a
Milano alle Gallerie d'Italia fino all'1 Aprile 2024.
Il sito
ufficiale della mostra.
Domani un post dedicato allo shopping per la tavola di primavera (e di Pasqua).
Grazie per aver letto fino a qui,
Antonella.